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giovedì 11 dicembre 2014

Cammelli brontoloni nel presepe


Non so quanto sia vita vera e quanto polemica sterile dei giornali, ma almeno ha il merito di farmi tornare voglia di scrivere.
Sono due mesi che ho la testa piena di idee mentre alle giornate manca il tempo di scriverle. Si accumulano e aggrovigliano che più che un post avrei bisogno un libro per metterle in ordine. Il mio nuovo progetto (like my Facebook page please!) mi sta assorbendo, e con lui un corso sul benessere emotivo dei bambini in un centro di studi immenso sulla salute mentale dove vorrei studiare tutto. Mixati insieme nella mia testa creano una reazione piuttosto esplosiva che solo andare a correre e iperossigenare il cervello sembra in grado di sedare parzialmente. Il tutto a scapito di questo mio spazio, purtroppo.
Ma il presepe, dicevo.

mercoledì 7 maggio 2014

Pensavo fosse un post sponsorizzato invece era un calesse



Ogni volta che leggo post sponsorizzati su blog a cui sono affezionata provo sensazioni miste, come se un amico cercasse di vendermi qualcosa. E però sarebbe assurdo pretendere che non si faccia mai, tanto più che a volte vengono fuori cose anche carine.
Non mi sono mai fatta domande su me e i post retribuiti, semplicemente perché la relazione era inesistente e confidavo fosse destinata a rimanere tale. Mi è sempre parso assolutamente evidente che questo blog non avesse alcuna velleità, possibilità né interesse commerciale, per cui quando un tale gentile Filippo mi ha contattata per una piccola collaborazione promozionale sono rimasta abbastanza sorpresa. E non era nemmeno uno di quei diffusissimi geni del marketing che ti propongono collaborazioni gratis come se scrivere di loro fosse quasi un favore. No, l'offerta era precisa, circoscritta e onestamente retribuita.

sabato 26 aprile 2014

Peter Pan. Che poi non è mica un libro per bambini.














A casa mi prendono in giro, e ne hanno ben donde. Il sabato sera ci facciamo pizza e film, e quando tocca a Peter Pan, il che capita ossessivamente spesso perché ai bambini si sa piace ripetere, io mi commuovo ogni volta. Ogni singola volta. Mi entra sempre dentro quel sorriso sospirato con cui il padre chiude il film: "Che strano, ho l'impressione di averlo visto anch'io quel vascello...tanto tempo fa...quando ero bambino." Mi fa pensare al mio papà, di cui persino Olivia un giorno mi ha detto che dentro era ancora bambino. (Testualmente: "Siamo stati tutti bambini ma poi crescendo molti se lo dimenticano." "Molti mamma, ma non il nonno Guido.")
Tra i film Disney resta senz'altro uno dei miei preferiti, ha sacrificato meno poesia di altri lungometraggi alle necessità del grande schermo.
L'originale però è un piccolo capolavoro di delicatezza terribile, molto più stratificata della vulgata Disney, e mi spiace averlo scoperto solo ora.

martedì 15 aprile 2014

Lo scocciante fatto che tutti dobbiamo morire (spiegato a mia figlia!?) pt. 3

da Andy Riley, "Il libro dei coniglietti suicidi", Mondadori

Dopo aver elaborato a 4 anni l'idea della reincarnazione e quella dell'anima Olivia ha aggiunto un nuovo tassello alle sue nostre certezze.
"Mamma io lo so dove sono le persone che sono morte."
A sì...? E me lo annunci così, in cucina mentre affetto zucchine?
"Sono in un posto dove sono felici della vita che hanno avuto. Per essere morto devi aver vissuto, no?"
Zaaac, archiviati così con un colpo di spugna ogni nichilismo e ogni angoscia esistenziale.
Muori solo se hai vissuto. Se sei morto è perché hai vissuto, quindi non lamentarti.
C'è da imparare.


martedì 1 aprile 2014

Ingombranti come genitori




Spostarsi di lato, quando il figlio è settato sul mood "provoca l'avversario finchè non vedi uscire fumo dalle orecchie", è l'unica cosa che funziona e quella più difficile. Siccome di fumo dalle orecchie qui, in passato, ne è uscito parecchio, so di cosa parlo.
Siamo presenze ingombranti, ammettiamolo. Alti almeno il doppio di loro, deteniamo il potere assoluto su ogni cosa si faccia, si mangi, si veda e si compri in casa. Facciamo cose ai loro occhi inspiegabili e parliamo lingue complesse senza nemmeno la garanzia di articolare cose sempre del tutto coerenti. Diciamo parole che a loro è vietato ripetere.  Siamo strati e strati di azioni e pensieri che ci portiamo addosso senza nemmeno saperlo più e di cui loro invece percepiscono con chiarezza la confusione senza saperne dare conto. Dobbiamo essere abbastanza spaventosi.
A pensarci bene, hanno anche le loro ragioni a cercare di farci sbroccare. Credo sia lo stesso principio per cui da più piccoli prendono un gioco e lo sbattono con forza sul pavimento fino a spaccarlo in due: vediamo cosa c'è dentro. Solo che ora a dover essere sezionate sono la testa e l'anima della mamma.

mercoledì 26 marzo 2014

Un animale con la B? Bambi!

Ultimamente qui è tutto un disegnare alberi: occupano tutto il foglio, hanno radici calcate e profonde, rami che si stendono verso il cielo e chiome folte, tonde e verdissime. C'è tutta la mia bimba lì dentro,  con quell'equilibrio e entusiasmo per la vita che l'adolescenza, lo so, metterà a dura prova e però oggi è uno spettacolo immenso.
Lei è un individuo centrato. Ama quello che fa e le persone con cui lo fa. Adora la scuola e persino suo fratello. Sta lì, come un alberello in mezzo a quel foglio che occupa in ogni direzione: radicata e proiettata al futuro. Con un ottimismo e una fiducia inattesi per chi mostri di averne afferrato pure troppo, come si vide già altrove e ancora
I pensieri glieli vedo ancora scorrere sottopelle, senza quei filtri che, impacciata come ogni madre la costringerò a creare. Li vedo sfrecciare avanti e indietro tra la vita e la morte come se fossero i binari su cui scorre ogni gioco. Senza che la sua fiducia traballi, me li propone con parole inaspettate nelle situazioni più impreviste.
E' nella vasca da bagno con l'acqua che le cola sulla faccia che mi dice di aver scritto una poesia:
"Lacrime del tempo
lacrime del tempo
cosa sei?
Sei un mondo di allegria
tutti son contenti grazie a te
è il tempo che passa
e noi siamo contenti
Lacrime del tempo"
E' in cucina che mi aiuta a preparare la tavola che si premura di informarmi delle sue certezze:
"Mamma io so che i morti sono in un posto dove sono felici per la vita che hanno avuto. Per essere morto devi aver vissuto, no?"
Mi informa anche di avere deciso: quando io morirò lei si ucciderà. Ecco, benché toccata da tanta abnegazione, ho dirottato cortesemente l'offerta ricordandole che nel frattempo ci saranno i suoi amori e i suoi amici, magari anche i suoi bambini, certo qualcosa o speriamo anche qualcuno per cui valga la pena rimanere.

C'è stato qualcosa di fondamentale per lei nel vedere un fratello arrivare dal nulla: una presa di coscienza serena quanto lucida dell'inizio e della fine di tutti noi.
I bambini sono esseri perfetti, si dice, siamo noi che poi li roviniamo.
Mi sa che è vero.

giovedì 27 febbraio 2014

A tutte le nostre madri, imperfette, rabbiose, insopportabili, magnifiche. (cit.)


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Uno dice "fantasy" e la metà di noi storce il naso, dichiara candidamente di non essere un appassionato del genere o semplicemente (e comprensibilmente) non spreca il poco tempo che riesce a ritagliare per i libri su storie di orchi, elfi e draghi verdi. Lo capisco.

E però in questo caso insisto e punto i piedi: leggere Silvana de Mari dovrebbe essere obbligatorio. Alle medie e al liceo, quando nutrirsi di temi etici attraverso storie appassionanti può fare la differenza nella crescita di un individuo; ma anche in età adulta, quando la capacità di leggere tra le righe i temi essenziali si è affinata e quella di lasciarsi trasportare da una storia coinvolgente è più difficile da soddisfare.
Quando leggere libri scritti bene non dovrebbe bastare più e vanno pretesi anche contenuti pensati bene (cosa che, a mio parere, manca nel 99% dei bestsellers degli ultimi anni. Scritti divinamente ma che a riassumerne storia e temi portanti bastano 3 righe e 4 minuti- fine della nota polemica).
Prima medico chirurgo, poi psicoterapeuta, volontaria in Etiopia, blogger profonda: gli ingredienti perché Silvana de Mari mi stesse simpatica c'erano tutti.

lunedì 25 novembre 2013

Stretching

I piccioni più banali vanno benissimo. Le piccole zampe a graffiare un cielo di erba mentre gli occhietti rossi che ho sempre odiato attraversano l'azzurro sotto di loro. Appesi all'ingiù sono ancora più brutti, se mai è possibile. Ma l'avanti e indietro del collo che segue il ritmo di "I like to move it", giusto prima che inizi "I'm sexy and I know it" è talmente demenziale che funziona ogni volta.
I bambini mi divertono meno: corrono e giocano a testa in giù come se fosse la cosa più normale del mondo. E in fondo poi per loro lo sarebbe davvero.
Grottesco senza dubbio, il più sorprendente è stato il primo: un uomo di mezza età, una magrezza malsana così fuori posto intorno all'allegria del sorriso sghembo, zoppicava verso di me appeso al soffitto di ghiaia. Sotto di noi, cornice al suo viso certamente non bello, il movimento ritmico degli spazi tra le foglie degli alberi.
Sono abituata a guardare i vuoti di un insieme, che sia un merletto o la fronda di un albero, come l'unico elemento che davvero importi registrare; credo di averlo semplicemente sempre fatto. Scoprirli sotto di me, con tanto di personaggio o piccione incongruo ad abitarli al ritmo della musica da discoteca più trash, mi pare ogni volta di vederli finalmente nel modo giusto.

martedì 19 novembre 2013

Come fu che diventai una casalinga (senza nemmeno alcolizzarmi)


Il confronto mamme a casa/mamme che lavorano sul cancello di scuola mi fa sempre pensare alla lotta femminile nel fango: si sfidano a colpi di vite e manicures dalla perfezione sospetta, guardandosi a vicenda con dissimulata sfida e malcelato senso di superiorità. Come se a lottare nel fango fossero solo le altre.
Si compatiscono a vicenda: le une dolenti per quei poveri bambini che non hanno mai la mamma a casa, le altre per quei poveri bambini che ce l'hanno sempre intorno.
Quelle che non lavorano fanno le rappresentanti di classe con piglio manageriale inondando di email e organizzando coffee mornings, che credo siano ormai una tortura in uso a Guantanamo.
Quelle che lavorano rispondono ad un'unica mail in tutto l'anno. Generalmente la più inutile, ma non lo sanno perché le altre non le hanno mai lette.
Entrambe fanno una fatica bestiale a tenere insieme i pezzi di una vita che comunque è per tutte inevitabilmente di corsa, che sia per prendere la metro o sul tappetino della palestra in fondo è irrilevante.
Io sto nel mezzo: rifiutandomi di sentirmi davvero una mamma a casa, ma obiettivamente del tutto sprovvista di una prospettiva realistica di lavoro a breve termine e, stranamente e a sorpresa, della voglia di trovarmelo.

mercoledì 6 novembre 2013

Misterioso come un figlio bilingue

Non si cresce in un luogo, si cresce in una lingua (cit); si diventa gli adulti che saremo poco a poco, grazie al lavoro silenzioso e inafferrabile di sfumature e intonazioni. Mentre impariamo a parlare impariamo a pensare, e quello che diciamo quando iniziamo a parlare è un precipitato sempre unico delle persone e delle relazioni in cui abbiamo imparato a comunicare.
Ci penso molto e molto spesso oggi, quando Tommy si gira verso di me con aria tra l'interlocutorio e l'inquieto se mi sente parlare in inglese (dagli torto, con l'accento che mi ritrovo!) o mentre vedo la mia bimba incastrarsi tra l'italiano di casa e l'inglese della vita fuori con piccole acrobazie da funambola.

martedì 9 luglio 2013

Morire (come) si deve

Quella morte che ci tiene tutti sotto scacco ha occhieggiato da sempre, beffarda, dietro i miei sorrisi più solari; l'abisso mi ha accompagnata con una certa disinvoltura e molta costanza, spazio vuoto ritagliato nel profilo di merletti immacolati elegantemente elaborati. Fin da bambina, l'ho sentito soffiare le sue minacce impetuose, e che un giorno sarei passata a miglior vita è stato chiaro e limpido fin troppo presto.
E' solo da poco però che mi ci sono riconciliata in modo nuovo, persino dolce.

Entrambi i miei figli sono nati mentre un grande vecchio di famiglia se ne andava.
Hanno messo in scena in modo preciso quel che sappiamo e spesso dimentichiamo: la vita scorre, con la sua meravigliosa ineluttabilità, e il rinnovamento passa sempre per l'eliminazione.

mercoledì 5 giugno 2013

Il dubbio senso di un doppione

Ho sempre abitato la sfumatura, quando andava bene. L'abisso, quando andava male.  E lo so eh, che è quasi certamente un mio problema... Lo so. Però tant'è: ogni cosa/luogo/persona/pezzo di pizza, per me, ha sempre un numero di livelli e sensi irragionevole. 
E regolarmente arriva qualcuno che, ignaro di essere proprio all'ingresso di uno di quegli strati romantici e simbolici che io do per scontati, ci cammina sopra con la delicatezza di un bisonte.
Il problema è semplice, ma di non semplice soluzione: non posso aspettarmi che intorno a me si cammini in punta di piedi per non calpestare fiori che vedo solo io (ma li vedo davvero solo io?!?!?!) e però io non sto mica tanto bene a vederli calpestati.
E' di questi giorni l'ennesimo scontro della mia realtà sfumata e inafferrabile con quella semplice e pragmatica di chi mi sta intorno.
E' un blog nevrotico e non un mummy-blog mica per niente..

giovedì 18 aprile 2013

Ceci n'est pas un Mummy-Blog

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Mi è costato un certo sforzo concedere spazio nel mio ultimo post a quella cosa che assomiglia tanto alla felicità, dato che scrivere per lagnarmi, alla fine, mi diverte molto di più. 
Nei giorni seguenti poi, pensando ai temi che mi riguardavano più da vicino ma non volendo parlare di parto, allattamento, ingegneria del sonno e compagnia bella, ho finito col non parlare affatto. Non era il tempo a mancare, quanto l'ispirazione o forse più la voglia di ammorbarmi e ammorbare il prossimo con temi da mamma. Come se la mia vita di questi tempi potesse comprenderne altri!?
E invece proprio qui casca l'asino e viene il bello. Perchè certo molto spazio per altre cose non ne resta, in questi primi mesi: ed è bene ricordarsi che può essere questo il loro bello.

giovedì 29 novembre 2012

Cowboy Christmas


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Una era rimasta al presepe e agli angioletti, e invece si ritrova a mettere insieme un costume da cow-boy per la recita di natale. Postmoderni come nessuno. La canzone è natalizia come un uovo di pasqua ma senza dubbio molto allegra. E fin qui, se si è disposti ad adattarsi un po' a stili diversi dalle proprie abitudini, in fondo tutto bene. I canti di Natale veri e propri li faranno più in là: molto formali ed ufficiali, ma se non altro davvero natalizi.
La recita è più un intrattenimento. E data l'infinita varietà di credo religiosi presenti nella scuola, celebrativa solo di un generico spirito festoso.
Stamattina c'erano le prove generali, ed essendo arrivata a scuola come al solito non esattamente in anticipo ho potuto rubare una piccola anteprima mentre tutti si cambiavano.

martedì 25 settembre 2012

Qui, Quo, Qua e l'inevitabilità dello sconforto


Vanna Vinci "La bambina filosofica"
Il lato negativo è che mia figlia è come me: abissale, geneticamente incline alla sega mentale.
Il lato positivo è che io ero come lei. Ergo, mi dico, forse saprò offrire una buona sponda; qualche strumento per gestirsi le domande abissali e l'inevitabilità dello sconforto. Strumenti tipo aprirsi un blog...? Stiamo in una botte di ferro.

mercoledì 20 giugno 2012

I cattivi non vincono mai


Cadono tutti giù nel buco. Spesso e volentieri subito dopo essere stati perdonati e graziati dall'eroe buono, mentre stanno per colpirlo alle spalle. "I cattivi non vincono mai" mi ripeteva mio padre, fornendo alle mie inquietudini un appiglio che ho cullato finché ho potuto. Cosa poi gli sia venuto in mente di scoperchiare l'abisso sul male prima dei miei 10 anni rimane un mistero, ma quella certezza de "I cattivi non vincono mai" è rimasta annidata con ostinazione nelle retrovie delle mie ansie.
Oggi la rivendo a Olivia, conscia del limite sottile che questa frase condivide con una grossa balla, eppure certa dentro di me che sia l'unica formula possibile.

venerdì 27 aprile 2012

Io pago il pizzo

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Piano piano, vado piano. E la meta è ben lontana. Ma almeno il fiatone mi è passato.  Nonostante si tratti di un progetto professionale a lunghissimo termine, che mi vuole formalmente disoccupata ma con un'agenda full-time di voluntary works, nel testardo sforzo di corazzare la mia application al corso che mi interessa. Che qui, della serie "si cercano stagisti con esperienza decennale" per farti accettare da chi potrà insegnarti il mestiere devi prima dimostrare che il mestiere già lo conosci. Almeno un (bel) pò. Della serie almeno 6 mesi full time (ma poi tutti hanno almeno un anno e la tua domanda non l'accettano. Lo so per esperienza.)

lunedì 16 aprile 2012

Cosa essere tu? Prove generali di infrazione tabù

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Stasera infrango un tabù: niente di metafisico, intendiamoci, ma per le mie mura domestiche (e mentali) di tabù propriamente si tratta.
Scrivo, e Marito è accanto a me. Non esattamente su questo lato dello schermo, va bene, ma la sua presenza qui intorno è cosa molto nuova per questo blog. Immagino ognuno di noi abbia le sue piccole blog-regole e blog-abitudini, e vi pagherei una per una per conoscere quelle di tutte voi.
Le mie sono poche e chiarissime (novità a cui le mie sinapsi ancora non si sono abituate, impegnate sempre come sono in giri complessi intorno a una mole di ipotesi ogni volta troppo densa), riassumibili con precisione fotografica: questo spazio è cosa mia.

venerdì 13 aprile 2012

Venerdì del libro #8

L'ho finito ieri sera, e direi che per il Venerdì del libro di oggi non ho dubbi su cosa consigliare: il primo romanzo di Gioconda Belli "La donna abitata" è avvincente come un romanzo d'azione e spirituale come un diario femminile.
Una storia di guerra, sì, sullo sfondo della rivoluzione sandinista in Nicaragua (che poi si trascende molto in fretta, rappresentando semplicemente ogni rivoluzione giusta a un oppressore), ma soprattutto una storia di sguardi femminili, che degli impeti rivoluzionari (tutti, non solo quelli politici in verità) devono scegliere in un modo tutto loro, ben distante dagli schematismi maschili sia per natura che per tradizione, se essere sguardi spettatori o attive visioni.

domenica 8 aprile 2012

Passi dal via e ritiri 1000 uova

Capita, come a Monopoli: ogni tanto passi dal via. E ritiri 1000 lire. Ogni passaggio nella cittadina delle radici è un po' così: un passaggio dal via da cui ripartire con un pezzo da mille. Che solo a natale abbia a che fare col denaro però (ma a quel punto mai col numero mille) è poi un dettaglio . Comunque, dicevo: ogni tanto si passa da qui, da questo via che c'è da chiedersi se sia un ritorno indietro o un passo avanti; e ogni volta si riparte... Con mille energie, o quando va male mille dubbi e altrettante domande, sempre mille abbracci, mille telefonate, mille regali per O, mille parenti. Mille scosse di assestamento ai miei piccoli equilibri, mille volte precari. Questo è stato un giro fortunato.
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