martedì 9 luglio 2013

Morire (come) si deve

Quella morte che ci tiene tutti sotto scacco ha occhieggiato da sempre, beffarda, dietro i miei sorrisi più solari; l'abisso mi ha accompagnata con una certa disinvoltura e molta costanza, spazio vuoto ritagliato nel profilo di merletti immacolati elegantemente elaborati. Fin da bambina, l'ho sentito soffiare le sue minacce impetuose, e che un giorno sarei passata a miglior vita è stato chiaro e limpido fin troppo presto.
E' solo da poco però che mi ci sono riconciliata in modo nuovo, persino dolce.

Entrambi i miei figli sono nati mentre un grande vecchio di famiglia se ne andava.
Hanno messo in scena in modo preciso quel che sappiamo e spesso dimentichiamo: la vita scorre, con la sua meravigliosa ineluttabilità, e il rinnovamento passa sempre per l'eliminazione.

Pochi giorni fa si è spento l'altro pilastro della mia famiglia, quella anziana pro-zia che a chiamarla pro-zia non le si rende giustizia, presenza insostituibile nella vita di tutti i suoi 6 pro-nipoti.
Una vecchietta minuta, che solo a 96 anni compiuti ha iniziato a mostrare l'età che aveva; all'improvviso, riuscendo persino a coglierci di sorpresa, noi tutti convinti che le grandi istituzioni potessero davvero abitare oltre il tempo. Invecchiare la faceva infuriare; ha camminato ostinata le strade più impervie (sia metaforicamente che letteralmente), contro ogni ragionevolezza e pronostico, pur di dimostrare a se stessa e noi tutti di esserne ancora capace.
"Buongiorno signora, piacere di conoscerla" "Ma perchè mi parla piano? Pensa che io sia una vecchia rimbambita?!" è stato il primo scambio di battute con un ragazzino che nessuno poteva immaginare sarebbe diventato mio marito ed ebbe l'ardire di rivolgerle la parola con leggera inflessione di cautela e rispetto.
Un carattere forte, che ne fece un'insegnante di latino inflessibile tuttora ricordata e compianta, ha schermato per quasi un secolo la malinconia di una vita trascorsa senza che un uomo vi entrasse.

Se n'è andata con la stessa rapidità indolore che fu di sua sorella e sua madre, tutte a cavallo di un secolo di vita, e che io spero solo possa essere ereditaria.
Se n'è andata come si deve. Nel suo letto, a casa sua, dove i suoi nipoti si sono fatti un punto d'onore di farla restare quando hanno intravisto il capolinea. Con la quiete lieve con cui si spegne la fiamma di una candela. Senza interferenze.

E io, in quel senza interferenze, inizio a vedere la chiave di molti passaggi della vita. Inizio a credere, mi si perdoni l'ingenuità, che sia quello l'obiettivo da centrare quando ci tocca di essere umani, troppo umani. Penso al giorno in cui ci spegniamo, per il quale si può solo sperare che avvenga così, senza lotta e senza dolore. Ma penso anche a quello in cui nasciamo e facciamo nascere. Che nella mia esperienza, limitata e ridotta, quanto più viene lasciato fare al corpo tanto meglio e più agevolmente scorre.
Quel respiro che con leggerezza si ferma mi ha fatto pensare a quel respiro che ho imparato per dare la vita. Quel respiro che, siete padroni di non crederci, non deve per forza essere un grido. Un respiro che è solo la forza della natura, che in un luogo viene a infondere energia vitale e altrove viene a portarsela via.

Stavo partorendo il mio secondo bambino: in quell'attimo assoluto in cui la testolina spingeva per uscire, mentre la sentivo scendere e scivolarmi dentro nel più indescrivibile dei modi, l'idea di stare mettendo al mondo un essere mortale mi ha quasi tramortita. Ho pensato sentito con una chiarezza da visione mistica -meritevole di tanta autoironia se non prese per il c**o, ne convengo- la vita che semplicemente, dal nulla, nasceva. E quel nulla intorno a cui mi sentivo da sempre costruita ha assunto un senso nuovo. (Da quando sono mamma mi è presa una deriva mistico-metafisica degna di un guru indiano, ma che ci posso fare, così è. Ribadisco, autorizzo sfottimenti: io stessa fino a pochi mesi fa non mi sarei trattenuta.)

Non ho visto tornare al nulla molte persone che amavo, e tutte a venerande età che hanno alleviato l'addio e dato un senso alla fine; ma ho visto venire dal nulla le due persone che amo di più al mondo.
Senza il supporto di una fede precisa quel nulla può fare paura; ma il nulla che c'è, è un nulla buono.
Sono sicura.

Ciao iaia.


8 commenti:

  1. Mai e poi mai ti prenderei in giro. Invece mi trovo nelle tue parole. Forse sai già quanto anche io creda nelle interferenze. Nell importanza di dominarle.
    Ti abbraccio Why!
    Un saluto alla tua cara iaia
    :*

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    1. E però sta deriva zen che mi è presa un po' di sfottò sarebbe anche giusto che me lo attirasse... sei troppo buona!
      delle interferenze della maternità abbiamo già parlato tanto, erano quelle della morte che non avevo mai considerato...mah, pensiamo a qualcosa di più allegro!
      grazie squa, un abbraccio a te. a presto

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  2. Mi ricorda tanto, tantissimo la mia prozia che se ne ando' a novantasei anni e solo per colpa di una badante senza troppi scrupoli. Vabbe'. Ciao iaia. Dai un bacio alla mia zietta lassu'.

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    1. ma no che brutto...eh, dipendere da altri è un terno al lotto...

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  3. Mio figlio dice che una volta morti, poi si ridiventa piccoli, e si va a vivere nella pancia di una mamma.

    Ciao iaia..

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    1. ma allora dev'essere vero! anche olivia mi aveva spiegato così, e non aveva compiuto 3 anni. io francamente non lo escludo.
      baci

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  4. Non credo che ci sia il nulla prima e dopo, più invecchio e più mi convinco che sia tutto un flusso e tutto un progredire da esperienze ad esperienze.
    Probabilmente la tua Iaia meritava di passare oltre con leggerezza per lasciare il giusto ricordo in chi l'amava ...

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  5. che bella che sei...la deriva mistica sta prendendo anche me, sarà la maternità o l'empatia tra blogger, ma le tue parole mi suonano proprio come pensieri che mi appartengono. C'è poco da sfottere!!! Sei una poesia! :)

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