mercoledì 6 novembre 2013

Misterioso come un figlio bilingue

Non si cresce in un luogo, si cresce in una lingua (cit); si diventa gli adulti che saremo poco a poco, grazie al lavoro silenzioso e inafferrabile di sfumature e intonazioni. Mentre impariamo a parlare impariamo a pensare, e quello che diciamo quando iniziamo a parlare è un precipitato sempre unico delle persone e delle relazioni in cui abbiamo imparato a comunicare.
Ci penso molto e molto spesso oggi, quando Tommy si gira verso di me con aria tra l'interlocutorio e l'inquieto se mi sente parlare in inglese (dagli torto, con l'accento che mi ritrovo!) o mentre vedo la mia bimba incastrarsi tra l'italiano di casa e l'inglese della vita fuori con piccole acrobazie da funambola.
La produzione di suoni ne risente indubbiamente, con R inesistenti che diventano V, Y o semplicemente si perdono nel nulla, e linguetta che si infila in mezzo ai denti come se ogni S Z T o F fosse un TH inglese. Ma non mi preoccupa; la logopedista è stata individuata e mi ispira fiducia. Soprattutto perché promette che sarà una cosa rapida e indolore.
Anche le forme grammaticali hanno il loro da fare a chiarirsi, in un mondo fatto di "le mie preferite cose, il tuo rosso maglione o quel nero cane", e la sera si "aspetta per papà". Ma anche questo sembra del tutto normale e chi ci è già passato assicura che è solo una fase.
Dell'aspetto informativo della lingua non mi preoccupo affatto: non ho dubbi che entrambi i miei figli sapranno chiedere dove sia il bagno e ringraziare dopo averlo sentito sia qui che in Italia.

C'è qualcosa di più sotterraneo che mi tocca, quel qualcosa che porta Olivia a parlare tra sé e sé in inglese, pur avendo tuttora un vocabolario più ampio in italiano. C'è la spontaneità inaspettata delle lingue, che mi coglie di sorpresa persino mentre parlo con Marito o con amiche e riconosco lo scorno di alcune parole che per tutti ormai sono solo inglesi. Con risultati ridicoli, ricordiamocelo, che è bene scongiurare quando si torna in patria. E però ormai l'espressione, quella profonda, quella che usa le parole come monete di scambio complesse e non solo come mezzi per trasmettere un contenuto informativo, quella è per tutti noi sempre di più un'espressione che si sporca. Un'espressione mista, dove il background italiano reagisce su una quotidianità tradotta di continuo. Con risultati imprevisti e imprevedibili. Con pezzi che si perdono per strada, tra vocaboli incredibilmente rimossi, e altri che si aggiungono e aumentano il senso di quel che si dice.  Voler dire quel che si vuole dire veramente, dal profondo, significa pescare dietro la lingua traducibile, lì dove agiscono rapporti complessi tra le parole e il senso che ognuna di esse ha per noi, solo per noi.
Come tutto questo agirà poi nella mente dei miei figli è un mistero che mi affascina. I figli di ciascuno di noi sono piccole cose lanciate lontano da noi, destinate a dimensioni che potremo solo sfiorare e mai vedere fino in fondo. Questo per tutti, a prescindere dalla lingua di scambio.
Quando sento Olivia ragionare in forme e lingue diverse dalla mia mi fa ancora più impressione: il suo è già un universo altro rispetto al mio. Le sue emozioni hanno già tutte le sfumature dell'aplomb inglese e della passionalità italiana, quando cerca le parole per esprimersi salta da un lato all'altro e persino quello che prova non è solo italiano né solo inglese. E' meno italiana e più inglese di me, eppure né una cosa né l'altra del tutto. Interagisce con amici con cui condivide il lato inglese, che a loro volta portano con sé altre innumerevoli sfaccettature geografiche con tutti i sensi delle loro lingue e culture. Come piccoli poliedri che hanno in comune un lato solo.

Le parole giuste non servono solo per parlare, aiutano a pensare, a capire se stessi prima ancora che gli altri.
Scherzare, offendere, amare, spiegarsi e capirsi non hanno contenuti sempre traducibili come "passami il sale" o "dov'è l'uscita" e parlare è di più, molto di più, che dirsi cose.
Resto in ascolto, e spero di capire quello che mi diranno i miei figli.

12 commenti:

  1. Come mamma di bimbi bilingue, mi ritrovo totalmente e completamente in cio' che dici. Dalle costruzioni grammaticali strambe (perche' mai sentito il "cosa e' questo per?"), al parlare tra se e se solo ed esclusivamente in inglese, al combinare le lingue in uno strano melting pot tutto suo quando non ha alla mano i vocaboli necessari a descrivere una situazione. Sara' strano, molto strano, vedere e sentire crescere queste piccole parti di noi, che saranno così radicalmente diverse da noi!!

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    1. ahah, strambe a dir poco...ma com'è divertente vederli imparare! in fondo, con una lingua o di più, tutti i nostri figli parleranno un linguaggio tutto loro che noi potremo solo cercare di imparare... che roba diventare mamme!!

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  2. a me affascina già l'apprendimento e lo sviluppo del linguaggio con una lingua sola, con tutti i suoi divertenti strafalcioni e le sue illuminanti intuizioni...il bilinguismo, soprattutto da bambini, è una magica e fortunata opportunità!

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    1. Sì, come un bambino impari e poi usi il linguaggio è veramente affascinante...sembra davvero che siamo naturalmente settati per comunicare. Meraviglioso vederli imparare!
      Vero, imparare con facilità due lingue da subito è magico e fortunato, concordo. soprattutto perché in effetti le lingue dovranno saperle come dovranno saper leggere e scrivere, poterlo fare senza troppa fatica è una bella occasione, lo riconosco sempre con molta gratitudine. anche se non è sempre facilissimo...

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  3. Argomento molto interessante e riflessioni di cui faccio tesoro. Mi ha colpito in modo particolare la questione del riconoscersi e del diverso da noi, credo che sia davvero importante!

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    1. Pia benvenuta, grazie di essere passata! Non darmi corda cara...potresti ritrovarmi sul tuo blog a chiederti consigli ogni minuto...!!!! :-)

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  4. bellissimo post, come sempre.
    Se tutto andrà come deve andare anche Thiago crescerà bilingue e per me, che ho fatto il liceo linguistico ma resto una capra nelle lingue, il bilinguismo è un terreno misterioso.

    mi piace tantissimo come descrivi tu l'utilizzo di una lingua anziché un'altra: un modo di pensare.

    grazie per queste riflessioni!

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    1. Ma grazie a te Elena! Anche per il retwitt che mi ha molto onorata.
      Tu segui Thiago, come la mia O, capirà cos'è il bilinguismo molto più in fretta di noi!!

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  5. Quante cose!
    Nessuno pensa mai che oltre che arricchente parlare più lingue diventa anche una sorta di maledizione, o strano incantesimo, che condanna alla solitudine nell'espressione di certi concetti di cui si vede la potenza in un altra lingua e non è davvero possibile condividerlo. Sarebbe triste se non ci fosse il mio compagno, in grado tanto quanto me di saltare dall'inglese sul lavoro, al francese quotidiano, lo spagnolo delle amicizie nel tempo libero, per poi tornare al nostro italiano domestico, ormai irrimediabilmente sgangherato e contaminato dal resto, pieno di espressioni miste e ibride che solo noi possiamo capire. Persino dell'ostico olandese ci siamo tenuti qualcosa.
    Io la ricchezza la sento, e soprattutto amo che parlando con me, persone di queste altre lingue madri possano sentirsi libere di esprimersi come meglio sentono, perché dopo l'italiano, le altre tre ormai sono equivalenti per me. A volte però mi sento un po' smarrita, se non ci fosse il chercheur a condividere con me questo universo mi sentirei sola solissima in questo universo linguistico.
    Un poliedro con cui contivido molte facce... che bella immagine che hai dato!

    Anche Pistacchio mi guarda stranito quando parlo francese. Non le altre lingue però, e la cosa è intrigante. Dopo un vocabolario quasi esclusivamente italiano, il francese inizia ora a decollare rapidamente. Ho persino l'impressione che ripeta le parole più facilmente in francese e non me ne capacito. Soprattutto, come twittavo giorni fa, ho realizzato che probabilmente si lascerà chiamare Pistache, nella versione francese del suo nome, quella senza o alla fine e con un h nel mezzo. Ho pianto un po', perché io non l'ho chiamato Pistache. Mi pare l'emblema di quel che dici... me ne farò una ragione, spero. ..

    Mi sono allargata come sempre. Grazie dell'ospitalità :)

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    1. E per fortuna che vieni sempre ad allargarti qui, se no io smetto di scrivere eh! :-)
      E' vero, parlare una lingua è qualcosa di molto meno meccanico che essere solo capaci di trasmettere contenuti, se si ha il gran culo di averle imparate bene. E quando hanno concetti assenti in altre lingue è proprio come dici tu... io vorrei tanto aver imparato il tedesco! Loro davvero hanno parole uniche per concetti estesissimi..
      Per i nostri figli comunque questa specie di esperanto sarà molto più normale di quanto non sia stato per noi: non so se mi eccita o mi fa più paura questa prospettiva così ampia.
      Infine, l'identità di Pistache sarà proprio in un nome che può adattarsi alle diverse lingue in cui parla, credo, e che non perderà affatto la potenza definitoria del nome. Persino qui, dopo aver scelto il nome Olivia proprio perché immutabile tra l'italiano e l'inglese ci siamo resi conto che neppure per lei è lo stesso nome: a seconda della lingua in cui si presenta lo pronuncia in modo radicalmente diverso... prepariamoci Squa, sarà una grande avventura.

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  6. Bellissimo post e che bella la risposta di Squa qui su, anche secondo me ti sentiresti un po' sola se non ci fosse qualcuno con cui condividere quel concetto che capisci ed esprimi solo in una lingua ed è difficilmente traducibile in un'altra. A me a volte succede coi proverbi o le frasi idiomatiche che tradotte perdono la loro forza. Per i bimbi è bello vederli imparare una sola lingua, vederli apprenderne due dev'essere meraviglioso!!

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  7. Arrivo tramite Lucy..
    Un post molto bello che riesce a tradurre in parole le tante sensazioni di noi mamme expat.
    Il mio bimbo di 6 anni frequenta da non tanti mesi la scuola internazionale, ma già mi corregge quando la mia pronuncia non è perfetta ed il suo vocabolario si allarga ogni giorno in modo incredibile. Verrà il momento che non lo capirò? Mi sembra impossibile per noi adulti riuscire ad imparare anche quelle piccole sfaccettature, quei modi di dire sottili e propri delle lingue, i termini giusti per le sensazioni ed i sentimenti. Come dici tu un conto è comunicare, altra cosa è dare una sfumatura a delle parole...

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