Che Londra sia una città fantastica non c'è bisogno che stia qui a raccontarlo io. Ma la civiltà che la anima e abita è qualcosa di ancora più straordinario.
C'è una piccola realtà, parallela ma molto capillare, che punteggia ogni quartiere, dal più posh al più scrostato: sono i Charity shops.
Come molte altre cose qui (vogliamo parlare dell'abbonamento postale ai DVD?), è il genere di sistema semplice e geniale che in Italia sarebbe sviluppato solo in modo incongruo e inutilmente dispersivo, quando non malavitoso. E che ogni volta mi lascia basita per la sua frizzante, ingegnosa efficienza.
Il meccanismo è lineare: sono negozi gestiti in massima parte da volontari, che raccolgono cose usate dalla gente della zona e, dopo averne verificato le condizioni, le rivendono a prezzi ridicoli raccogliendo fondi per scopi benefici. L'invenduto viene riproposto in un negozio gemello a scalare via via in aree meno benestanti così che il numero di tesori e affari clamorosi che si possono trovare è direttamente proporzionale all'eleganza del quartiere. Nei charity shops di Notting Hill o Kensigton, per dire, ti guardano dall'alto in basso tanto quanto nella boutique accanto, e a giudicare da quello che vendono la differenza non è poi molta (se non per il dettaglio assolutamente non trascurabile del prezzo).
Quante cose vengano così strappate allo spreco più stolido e miope non si può nemmeno ipotizzare.
Per esempio, nella vetrina di quello dove io do una mano una volta alla settimana abbiamo avuto per diverso tempo un notevolissimo abito da sposa. Di un matrimonio che probabilmente non valeva la pena essere ricordato, o non saprei, ma tant'è: design e tessuti di altissima qualità. Tanto che per la prima volta ho visto un'etichetta del prezzo con due zeri: 300 sterline.
Ora, sulla sposa che lo ha donato potremmo disquisire a lungo e costruire le storie più fantasiose...Ma la mia grande domanda in realtà continuava a tornare sul possibile acquirente. Chi mai lo avrebbe comprato?
Già, chi..?
Beh, non volevo credere ai miei occhi:
Sono da sempre un fedele cliente dei charity shops, ho comperato mobili, piatti e tazzine,giochi,ma sopratutto molti libri, dai lassici ai gialli. Un mese fa un'incredibile volume dei venticinque anni di re Giorgio V con centinaia di foto dell'epoca, molto interessante, a soli 4£. A milano le bancherelle dei libri stanno chiudendo tutte, sostituite da vendite di profumi,coroncine, vestiti spazzatura. Un vecchio amico libraio, il famoso Manusè, un anno fa si lamentava che non solo non vendeva più, ma nongli rubavano più i libri,questo era il massimo degli insulti.
RispondiEliminaBuongiorno NonnoTalpone! Che piacere ritrovarla tra le mie pagine, e ancor più ora che la scopro fan dei charity shops. è vero, ci si trovano cose pazzesche... ma ce lo immaginiamo come sarebbero in Italia? Che tristezza...
EliminaCara mummy, mi permetta , sono appena tornato da Parigi, vicino a Notre Dame vi sono tuttora centinaia di bancarekle dei bouchinistes che vendono stampe, libri, vecchie cartoline.
RispondiEliminaLo stato non li tassa, perchè ritiene che siano un servizio culturale, a Milano fa pagare circa 6000 euro di tassa di plateatico. loro chiudono, mentre si è sommersi di bancarelle abusive che non pagano tasse né multe e vendono schifezze cinesi.
Ho grande simpatia per cinesi e pakistani, ma questa è la corte dei miracoli, o della schifezza che dir si voglia.
NonnoTalpone di ritorno dalla Francia è insofferente agli usi italiani... Non mi stupisco. E condivido amarezza e nervosismo.
Elimina