mercoledì 3 ottobre 2012

La me ventenne

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Mi guardava attonita sabato scorso dissertare con altri amici espatriati di case e scuole. Credo osservasse con aria critica i miei orecchini e certo avrebbe voluto intervenire urlando che no, lei seduta su quel divano a pensare all'affitto e alle rette delle scuole private non ci sarebbe finita. Ma in fondo un po' si compiaceva di essere capace di tanto pragmatismo.
Si presenta molto spesso quando sono da sola con O: le piace vedere quelle piccole mani raccogliere sogni che furono più ambiziosi ma meno teneri.
La me ventenne lascia i vestiti in disordine accanto al letto, con buona pace di quell'ordinato che si è sposata. Ma detesta il caos, almeno in quei punti cruciali per la sua salute mentale. E' sempre stata così: generico disordine con inspiegabili aree immacolate. Credeva bastasse l'età per migliorare e farsi più coerente. Mi guarda dal fondo della sala e si rassegna a doversi ricredere.

Pensava bastasse l'età per migliorare molte cose: non si aspettava che tutti i fantasmini l'avrebbero seguita sempre così fedelmente. Stupita tuttavia nel vederli addomesticati, non sa nemmeno lei se tranquillizzarsi o irritarsi che tante inquietudini si siano placate. Credeva la definissero, invece si trova molto più a fuoco in immagini serene.
Non mi ha perdonata di aver smembrato la sua libreria, ma credo sappia che avere centinaia di libri parcheggiati in Italia infastidisce anche me.
Non si capacita di vivere in inglese, lei tanto snobisticamente francofila.
Si è rassegnata a portare i capelli lunghi, ma l'ho spiazzata quando ho smesso di essere bionda. In quelle scelte drastiche, consapevolmente e sfrontatamente superficiali, si ritrova.
Non capisce come possa essere rimasto così poco a cui ribellarsi: avere una vita serena che rispecchia ciò in cui crede, e progetti, e margini di miglioramento, verso cui lavorare con calma, quasi la disorienta. Placida non si piace, e quando sente rimbombare l'abisso mi guarda con un'aria del tipo "te l'avevo detto". Eppure sa che di placido qui non c'è nulla; ma non è più contrasto informe quello che le dà il ritmo.
Me la sono ritrovata ai piedi stamattina, quando mi sono accorta che sono 15 anni che porto le stesse scarpe. Ho seguito ogni tipo di moda, salgo e scendo da tacchi molto alti, ho alternato punte tonde e punte affusolate, stringhe, ballerine e stivali di ogni altezza: ma un paio di dr Martens non è mai mancato. Sono forse un po' incongrui sulle scale della scuola, mentre incrociano calzature costosissime, ma che ci posso fare, lei nel dettaglio incongruo si è sempre compiaciuta di abitare. Spiffero adolescenziale che ricorda una radice.





7 commenti:

  1. Quanti sogni, a 20 anni, e quanto era facile vedere tutto bianco o nero!

    Da un lato mi piacerebbe essere ancora così, ma questa estate ho incontrato una compagna di classe che vive ancora in quei panni lì, e mi ha fatto un po' di tristezza. In fondo Peter Pan è così solo!

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  2. Oh beh, io l'estate scorsa ho buttato via un paio di scarpe che avevo dalle medie (lo stesso paio, non il modello!) cosa vuoi che sia ;) Non sono sicura che sia un bene, ma se la me ventenne mi vedesse probabilmente le sembrerebbe di guardarsi allo specchio ^^'

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  3. io ti adoro, Why
    io purtroppo di quella me 20enne non riesco proprio a liberarmi. E non riesco a smettere di ribellarmi...

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  4. Che strano, io viaggio al contrario. La mia ventenne si stupirebbe di quanto mi sto ribellando ora, lei aveva molte più certezze. È comunque bello ricordare il proprio viaggio.

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  5. Bello questo post. Bella l'indulgenza che abbiamo verso noi stesse.. in fondo è solo un volerci bene. A tutte le età.

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  6. Spesso anch io e la mè 20 enne ci ritroviamo a fare lunghi discorsi...e il "chi l'avrebbe detto" regna sovrano :-)

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  7. Ho letto qua e là un po' di post...mi vedo in tante cose...anche negli anfibi di quindici anni fa :)

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