martedì 27 novembre 2012

Il conte

G. Zais, Cavaliere con figure in un paesaggio con rovine, ca. 1760
Qui ogni tanto si inventariano fantasmi. Fa piacere notare che ultimamente lo si è fatto molto meno; cosa che comunque dovrebbe forse mettermi in allarme, come disse una volta la mia adorata bambina filosofica "sono molto angosciata...sto perdendo...molte mie nevrosi!"
E quindi perché privarsi del piacere di affrontare il caro fantasma ereditario, quello che infesta la mia famiglia da due generazioni e che ho motivo di credere sia in fondo il padre di tutti gli altri fantasmini petulanti che ogni tanto mi fischiano intorno? Guardiamolo un po' in faccia, soprattutto considerato che l'arrivo del Natale tende a innervosirlo. Arriva sempre al seguito di mio padre, il quale, pur avendo avuto in sorte un'anima analitica e alquanto autorevole, non è mai riuscito a scacciarlo una volta per tutte. Il Conte, in sé e per sé, non sarebbe molto più del prototipo dei tanti uomini stronzi che tutte noi abbiamo incontrato almeno una volta sul nostro cammino: bello da far paura, egoista come pochi e munito di quell'ascendente irresistibile che su alcune cretine donne possono esercitare i nobili natali. Uno di quelli che alla nascita dovrebbero insegnarti ad evitare come la peste.
Il Conte ha avuto una moglie, un'amante, cinque figli dalla prima (di cui due morti bambini, che ora gli danno man forte ad infestare progetti e ricordi di famiglia), due dalla seconda, e probabili altre progenie in non meglio identificate circostanze su cui, con residua decenza, si è evitato negli anni di indagare. Il Conte ha avuto due funerali, unico modo per riposare in pace (alcuni amorevoli eredi auspicano per bruciare all'inferno) senza che famiglie più o meno legittime si accapigliassero sulla sua tomba. Non si capisce se per spartirsi eredità emotive o finanziarie, dato che di entrambe non vi è traccia. Non contento di aver disperso e azzerato quella parte dell'antico capitale familiare sopravvissuta al vizietto del gioco che già fu di suo padre, pensò bene di radere al suolo anche le basi affettive della sua famiglia. Con un accanimento speciale per quelle dei suoi figli. Se la prima distruzione gli fu, almeno in parte e da alcuni, perdonata, per la seconda nessuna pietà. Fu per lui che un cognome ingombrante in una piccola città del centro Italia diventò con suo figlio un cognome anonimo, emigrato nella capitale lombarda. Quasi che potare le radici sia mai stato un affare geografico. Le radici, si sa, ti seguono con tutta la loro melma, ma se non altro il Nord offriva università che uno bravo davvero, o sufficientemente disperato da impegnarsi più di tutti gli altri, poteva frequentare a colpi di borse di studio.
Indimenticato, mai redento, il Conte soffia ancora imperioso intorno ai giorni felici di mio padre, nell'evidente tentativo di minare anche questi. Forse che un po' di serenità tra la sua progenie potesse cancellarlo una volta per tutte dalla faccia della terra. Egocentrico com'è, si oppone.
Per zittirlo non siamo bastati io e i mie fratelli, con tutto l'amore, ma anche la ribellione, per un padre che a fare il padre aveva dovuto imparare da solo con l'unico supporto di un esempio da evitare. L'impressione è che ci stia riuscendo la mia Olivia, la sola intorno a cui il nonno sembra non avvertire aleggiare nessun'aria mefitica. E' venuto a trovarci, anche se solo per pochi giorni, e per una volta il Conte è rimasto fuori dalla porta. A un mese dal Natale io lo so che sta affilando le armi, pronto a rispolverare malinconie tanto lontane da aver fatto il giro e sembrare vicinissime: ma quest'anno siamo in tanti e siamo agguerriti, serrati con Olivia intorno al suo nonno. Uno è piccolo e nascosto nella mia pancia, ma scalcia con molta decisione e confido che il fondoschiena del fantasma sia un obiettivo che saprà centrare.


1 commento:

  1. I bambini i fantasmi li vedono, e' per questo che non ne hanno paure e riescono a mandarli via a calci. Affidiamoci a loro, che di forza ne hanno da vendere!

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