Avevo pochi anni quando sotto al mondo magico e splendido che i miei genitori avevano costruito per me ho iniziato a sospettare si aprisse un vuoto inevitabile, e mio padre, reso forse ingenuo ed ottimista da una familiarità con l'abisso ormai radicata, ha ritenuto opportuno e preferibile scoperchiarlo per me.
Ha creduto bastasse la forza di un amore incontrastato, unita a sicurezze che forse sperava meno fragili, per equipaggiarmi contro la vertigine che il male del mondo può provocare. Non so quale sia l'età giusta per un viaggio della memoria in un campo di sterminio, ma ho motivo di credere che non sia a 8 anni.
Da allora vivo in compagnia del mio più antico ed ostinato fantasma, Levi, che negli anni ha attraversato ogni possibile inferno, guerra e persecuzione, facendosi carico di dare voce con un'assiduità di cui gli riconosco il merito alla moltitudine dolente che assedia ogni luogo ed ogni cosa. Benché nato dalla visita ad un posto storicamente ben determinato, Levi è sempre stato trasversale. Coscienza precisa di un orrore che in quel campo ha solo avuto un picco esemplare, ma che molti luoghi abita tuttoggi.
Ma se di inventario di fantasmi volevo occuparmi, c'è qualcosa di imprescindibile nell'invitarlo qui, atto dovuto se non altro alla costanza con cui questo fantasma mi ha accompagnata nella vita.
Levi parla forse di cose un pò banali: indica fortune e privilegi di cui qualsiasi persona nata sul lato fortunato della terra negli ultimi 50 anni può probabilmente dichiararsi conscio. Non mi ha mai permesso tuttavia di rifugiarmi in una facile retorica, reclamando sempre a gran sibilo una posizione di rilievo nella mia esistenza concreta e vissuta.
Quando ho compiuto 15 anni mi sono finalmente arresa all'evidenza: era venuto per restare. E ha iniziato a crescere con me. Non più bambino, in cui non riuscivo più a identificarmi iniziando con ciò a sperare in un congedo; è diventato ragazzino, e poi adulto. Uomo, donna, importa poco: ogni volta aveva qualcosa che indubitabilmente mi rifletteva. Una specie di mio doppio sofferente e condannato. Un Me possibile se solo storicamente o geograficamente mi fosse andata male.
Se per molti anni suo è stato l'incubo e un terrore un pò animale, col tempo ha stemperato la vicenda, iniziando a spostarsi sul lato della consapevolezza etica e infine, vivaddio!, della voglia di lottare. Ma, considerate le contraddizioni in cui comunque vivo per il solo fatto di nutrire e vestire me stessa e mia figlia molto e ben oltre l'indispensabile, siamo ancora lontani da una riconciliazione definitiva.
Ho letto "Se questo è un uomo "piuttosto tardi, dopo i vent'anni, ho acquistato e letto molti altri suoi libri, mi ha turbato e affascinato, ma mi sono reso conto di non poter partecipare in pieno al suo incubo, perchè non l'ho vissuto. Amo molto Rigoni Stern, che gli era amico intimo, ma pare che anche lui non riuscisse ad entrare a fondo in quell'orrore senza fine che è stata la Shoa. Ora ho l'amarezza di veder rinascere qua e là questo incubo di negazionisti, di beceri idioti emuli di quell'inferno umano. Dobbiamo sempre sforzarci di combatterlo per essere degni di chiamarci ancora uomini, ritengo essenziale cercare le parole per parlarne ai giovani.
RispondiEliminaCiao,il Giorno della Memoria ha dato inizio ad uno scambio di opinioni fra blogger a proposito di cosa/quanto/quando/come sia giusto raccontare ai nostri figli. Mi sono permessa di segnalare il tuo post: credo che offra ottimi spunti di riflessione. Ecco dove ho parlato di te (nei commenti al post):
RispondiEliminahttp://ilmondodici.blogspot.com/2012/02/parlare-di-guerra-e-violenza-ai-bambini.html?showComment=1328397096143#c1216061177073791183